Giovanni, figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il
Maggiore, di professione pescatore, oriundo di Betsaida come Pietro e
Andrea, occupa un posto di primo piano nell'elenco degli apostoli.
L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse verrà qualificato dal
Sinedrio come " indotto e incolto ", ma il lettore che scorra anche
rapidamente i suoi scritti ne avverte non soltanto l'arditezza del
pensiero, ma anche la capacità di rivestire con squisite immagini
letterarie i sublimi pensieri di Dio. La voce del giudice divino è per
lui "come il mugghio di molte acque".
Giovanni è tuttavia l'uomo della elevatezza spirituale, più incline alla
contemplazione che all'azione. P- l'aquila che già al primo batter d'ali
si eleva alle vertiginose altezze del mistero trinitario: " In principio
era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio".
È tra gli intimi di Gesù e gli è vicino nelle ore più solenni della sua
vita. Gli è accanto nell'ultima cena, durante il processo e, unico tra
gli apostoli, assiste alla sua morte a fianco della Madonna. Ma
contrariamente a quanto possono far pensare le raffìgurazioni dell'arte,
Giovanni non era un uomo fantasioso e delicato, e basterebbe il
sorridente soprannome imposto a lui e al fratello Giacomo dal Maestro: "
Figli del tuono ", per farci pensare a un temperamento vivace e
impulsivo, alieno dai compromessi e dalle esitazioni, fino ad apparire
intollerante e caustico.
Nel suo Vangelo egli designa se stesso semplicemente come " il discepolo
che Gesù amava ". Anche se non ci è dato indagare sul segreto di questa
ineffabile amicizia, possiamo indovinare una certa analogia tra l'anima
del "figlio del tuono" e quella del "Figlio dell'uomo", venuto sulla
terra a portarvi non solo la pace ma anche il fuoco. Dopo la
risurrezione Giovanni è quasi costantemente accanto a Pietro. Paolo,
nella lettera ai Gàlati, parla di Pietro, Giacomo e Giovanni "come le
colonne" della Chiesa.
Nell'Apocalisse Giovanni dice di essere stato perseguitato e relegato
nell'isola di Patmos a causa della " parola di Dio e della testimonianza
di Gesù Cristo ". Secondo una concorde tradizione, egli è vissuto ad
Efeso in compagnia della Madonna e sotto Domiziano fu posto dentro una
caldaia di olio bollente, uscendone illeso, e tuttavia con la gloria di
aver reso anch'egli la sua " testimonianza". Dopo l'esilio a Patmos
tornò definitivamente ad Efeso dove esortava instancabilmente i fedeli
all'amore fraterno, come risulta dalle tre lettere, accolte tra i testi
sacri come l'Apocalisse e il Vangelo. Morì carico di anni a Efeso
durante l'impero di Traiano (98-117) e ivi fu sepolto.
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